106 miliardi di euro di extra costo che le imprese dovranno pagare nel 2022 per gli aumenti di energia e gas

𝟭𝟬𝟲 𝗺𝗶𝗹𝗶𝗮𝗿𝗱𝗶 𝗱𝗶 𝗲𝘂𝗿𝗼. 𝗤𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗲̀ 𝗶𝗹 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗼 𝗲𝘅𝘁𝗿𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗲 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲, 𝘀𝘁𝗮𝗻𝘁𝗲 𝗰𝗼𝘀𝗶̀ 𝗹𝗲 𝗰𝗼𝘀𝗲, 𝗱𝗼𝘃𝗿𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗽𝗮𝗴𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗲𝗹 𝟮𝟬𝟮𝟮 𝗽𝗲𝗿 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝘂𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝗲𝗻𝗲𝗿𝗴𝗶𝗮 𝗲 𝗴𝗮𝘀 𝘀𝗲𝗰𝗼𝗻𝗱𝗼 𝘂𝗻𝗼 𝘀𝘁𝘂𝗱𝗶𝗼 𝗽𝘂𝗯𝗯𝗹𝗶𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗖𝗴𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝗠𝗲𝘀𝘁𝗿𝗲.

Una somma “monstre” che secondo l’ARERA, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, così come specificato in una segnalazione inviata a Governo e Parlamento, potrebbe aumentare a dismisura dato che ci si aspetta un raddoppio dei prezzi da ottobre.

Avete capito bene: un raddoppio dei prezzi che già adesso sono insostenibili per le imprese e le famiglie.

E allora, per comprendere meglio la situazione drammatica in cui ci troviamo nostro malgrado, parliamo dei costi attuali: nel 2019 il costo medio dell’energia elettrica ammontava a 52 euro per MWh mentre nei primi sei mesi del 2022 si è attestato a 250 euro (+378%). Ancora peggio per il gas il cui costo in tre anni è salito da 16 euro MWh a 100 euro (+538%).

Senza voler entrare in tecnicismi, appare chiaro che questi aumenti non sono giustificati dal normale andamento dei mercati. A sentire le dichiarazioni di qualche mese fa del ministro alla transazione ecologica Cingolani e, ultimamente, leggendo i contenuti di un report prodotto dalla Fondazione Hume, si evincerebbe che sono in atto speculazioni per far salire artificialmente i prezzi a tutto vantaggio degli operatori del settore che stanno macinando utili record.

È il caso dell’Eni, ad esempio, che solo nel primo trimestre del 2022 ha realizzato un utile netto di 3,27 miliardi di euro, di molto superiore a quello dell’intero 2020 che ammontava a 2,88 miliardi e poco inferiore a quello del 2021 il quale, peraltro, è cresciuto vertiginosamente proprio nell’ultimo trimestre, contestualmente, guarda tu il caso, all’inizio degli aumenti.

Cosa porta tutto questo in soldoni? Ad un innalzamento generalizzato del costo di tutti i prodotti e servizi che, a sua volta, fa accrescere l’inflazione erodendo i risparmi e generando una contrazione dei consumi. Tutti sintomi che indicano, ove non si agisse al più presto, che ci troviamo nell’anticamera di una vera e propria recessione.

Una crisi ancor più devastante di quella attuale che colpirà pesantemente soprattutto i Paesi Europei con le disastrose conseguenze facilmente immaginabili.

Per guardare a casa nostra le piccole e piccolissime imprese, già provate da oltre tre anni di crisi dovuti alla pandemia, si ritrovano con aumenti in bolletta impossibili da sostenere. Secondo i dati presi a campione dalle tante fatture che ci sono state inviate dai nostri associati abbiamo pubblici esercizi che da 2.000 euro al mese sono passati a 6.600, negozi di abbigliamento che da 1.700 euro si ritrovano a pagare 4.900, gestori di carburanti che invece di 1.200 euro devono sborsarne 5.000.

Uno tsunami che colpisce tutte le categorie indistintamente e che si ripercuote sull’intera filiera produttiva e commerciale e ovviamente, sui consumatori finali.

Eppure i nostri imprenditori stanno resistendo, l’area metropolitana reggina per una volta è tra i primi posti in una classifica positiva, quella dei minori aumenti sui prezzi al consumo che da noi sono sotto la media. Quanto tempo, però, il nostro tessuto imprenditoriale potrà reggere? Poco, molto poco.

Ecco perché come Confesercenti Reggio Calabria siamo pronti ad attuare proteste, anche eclatanti, a difesa degli interessi di imprese e famiglie.

L’Italia e l’Europa, devono intervenire con misure incisive e immediate applicando, in primis, un tetto massimo di prezzo per il gas e di conseguenza per l’energia elettrica monitorando con la massima attenzione, al contempo, l’attività delle multinazionali dell’energia. Inoltre si dovrà definitivamente sganciare dalle quotazioni del gas il prezzo dell’energia ricavata dalle fonti rinnovabili, abbassare ulteriormente tributi, oneri e Iva sulle bollette ed estendere a tutte le imprese la possibilità di usufruire del credito d’imposta sulle spese sostenute per l’energia raddoppiando la percentuale oggi prevista.

Contestualmente anche gli Enti Intermedi devono fare la loro parte attuando azioni di supporto e sostegno sistemiche, non certo i bandi a sportello emanati sino ad oggi che, oltre a incidere in maniera marginale rispetto le problematiche esistenti, creano anche intollerabili distorsioni del mercato.

L’alternativa è la chiusura di centinaia di migliaia di attività ormai stremate e noi, sia ben chiaro, non abbiamo alcuna intenzione di assistere passivamente a questa ecatombe annunciata.

Claudio Aloisio
Presidente Confesercenti Reggio Calabria

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